Tutto vale quando arrivi all'ultimo Gran Premio di un Campionato del Mondo giocandoti tanto, specialmente un titolo iridato. È il caso di alcuni giochetti mentali. Lo abbiamo visto anche nel weekend appena andato in scena con il duello per il mondiale tra Pecco Bagnaia e Jorge Martin.
Quando sei a -21 e in palio ci sono ancora 37 punti, devi provarci in tutti i modi. In prova Martin è sempre stato alle spalle di Bagnaia, lo ha seguito sempre e il campione del mondo non lo ha apprezzato molto. Il sabato Pecco ha tenuto la situazione sotto controllo e il resto è storia. Martin non è certo il primo e non sarà certo l'ultimo a provare a battere un gran rivale. Nel club di coloro che c'hanno provato con dei giochi psicologici è in buona compagnia.
Questi piloti hanno messo in campo diverse tattiche per avere la meglio del proprio avversario. In pista, sullo schieramento, sui mezzi di comunicazione, in una conferenza stampa. Anche mettere alla prova la fedeltà del proprio compagno di squadra, tutto è stato fatto per raggiungere l'obiettivo finale, il titolo mondiale. Alcuni hanno avuto successo, altri no.
Il due volte campione del mondo in 500cc Barry Sheene in questo è stato un maestro. Nelle gare in casa arrivava sullo schieramento fumando una sigaretta con già addosso il casco, sul quale era presente un buco per fumare la sigaretta. Camminava sulla prima fila dello schieramento e poi scuoteva la testa mentre guardava e controllava quale fosse la gomma posteriore montata dal suo rivale. Barry rendeva la vita complicata anche sulla stampa. A non farne le spese fu Kenny Roberts che strappò il titolo a Barry per poi vincerne altri due.
In pista Kenny le provò tutte per riconquistare il titolo mondiale; avvenne nel 1983 a Imola dove diede vita a un gran duello con Freddie Spencer. Proprio a Imola Kenny aveva esordito nove anni prima e a Imola cercò di impedire a Spencer di diventare il più giovane campione del mondo nella classe 500cc. Il secondo posto alle spalle di Kenny avrebbe consegnato il titolo a Freddie. Kenny non fece altro che accelerare e rallentare il passo, sperando in una caduta di Freddie o in un rientro di Eddie Lawson in sella alla seconda Yamaha, per far scivolare Freddie in terza posizione. Non accadde, e il secondo posto fu sufficiente a Freddie per permettergli di laurearsi campione del mondo.
Bill Ivy, compagno di squadra di Phil Read, scoprì l'importanza dei giochi mentali nel 1968. C'era un accordo tra i due compagni di box in Yamaha: Read avrebbe vinto il titolo in 125cc e Read in 250. Ivy mantenne fede a quanto pattuito mentre in 250cc le cose andarono diversamente. All'ultima gara a Monza la vittoria andò a Read, davanti a Ivy. Ivy rimase devastato da tutto questo e perse la vita un anno dopo. Read avrebbe vinto altri mondiali, per il dispiacere di altri compagni di squadra.
Valentino Rossi fa parte di questo club. Sconfisse il suo grande rivale Max Biaggi, sia in pista che fuori grazie a delle ottime gare e anche grazie a dei bei giochetti mentali. Il fenomeno di Tavullia replicò anche con Sete Gibernau dopo un alterco avvenuto nel 2004 in Qatar. La settimana dopo nella conferenza stampa in Malesia Rossi disse a Gibernau e davanti ai mezzi di comunicazione di tutto il mondo che Gibernau non avrebbe più vinto una gara. E così andò.
Nella stessa sala stampa di Sepang, 11 anni dopo le cose andarono diversamente. Rossi attaccò duramente Marc Marquez per quanto avvenuto nella gara della settimana precedente a Phillip Island. Marquez non si lasciò condizionare e il duello rimase a livello di pista. Il suo contatto con Marquez comportò una penalità a Rossi: all'ultima gara a Valencia dovette prendere il via dal fondo dello schieramento. Arrivò quarto ma il titolo andò al compagno di box Jorge Lorenzo.
I giochetti mentali non sempre hanno effetto ma sono sempre esistiti, e sempre esisteranno.