Ho atteso sei anni e 209 giorni per scrivere questo blog sul “professore". Finalmente, dopo 120 Gran Premi, vince in MotoGP™ un uomo che certamente non corrisponde allo stereotipo del pilota della classe regina. Il fantastico successo all’ultimo giro di Johann Zarco (Prima Pramac Racing) non è stato solo meritatissimo, ma anche celebrato in lungo e in largo. L’attesa, certo, è stata lunga, preceduta da 19 podi in MotoGP™. Ma ne è valsa la pena. Il due volte iridato della Moto2™ è una figura unica, nel folle mondo della MotoGP™.
Era l'1.30 di notte di un lunedì mattina, sette anni fa. L’aeroporto di Melbourne era deserto. Stavo percorrendo i corridoi vuoti in cerca del volo per Kuala Lumpur, in rotta verso il Gran Premio della Malesia del 2016. D’un tratto, in sottofondo, un pianoforte. Non ci feci troppo caso: era stata una giornata lunga, tosta e allo stesso tempo esaltante a Phillip Island. Girato l’angolo vidi Johann impegnato a suonare, solo e di buon umore, totalmente immerso nella musica. Qualche ora prima la conferma del titolo iridato nella classe intermedia era sfumata, nel Gran Premio d’Australia. Era arrivato dodicesimo. Ma si sarebbe rifatto a Sepang. Era solo questione di giorni.
Tre settimane più tardi, Valencia. Chiuso l’ultimo round dell’anno, i festeggiamenti nel nostro hotel erano in pieno svolgimento. Zarco era insieme al team con cui aveva conquistato da poco il secondo iride in Moto2™. Nella stagione successiva sarebbe passato in MotoGP™.
Da tempo aveva abituato gli appassionati a un salto mortale all’indietro, quando vinceva. Nell’hotel, non potendo partire da un parapetto o qualcosa di simile, aveva ripiegato sul banco di un bar. Liberato per l’occasione da tutti i bicchieri, per evitare disastri. Poi il backflip. Applausi.
Avevamo soprannominato Zarco il “professore” per il modo in cui rispondeva alle domande dopo averle analizzate. Pacato, sembrava un docente universitario di fronte agli studenti, mentre raccontava delle qualifiche. Certo, sotto sotto era uno spietato come tutti gli altri. Altrimenti non avrebbe vinto 17 Gran Premi e due titoli Mondiali. Prima di infilarsi nella mischia con i big, in Moto2™, era già stato capace di far storcere il naso a qualche avversario.
Quando è sbarcato in MotoGP™ la musica non è cambiata: tanto che diverse leggende della classe regina, fra cui Valentino Rossi, non erano troppo contente di averlo in pista.
Solo in un’occasione, ho visto Johann mostrare una personalità diversa dal solito. È successo durante una conferenza stampa a Barcellona, nel 2016. Un giornalista stava facendo delle domande sull’incidente, fatale, di Luis Salom. Il francese, infastidito dal tono, ha detto al cronista che era pronto a lasciare il suo posto in conferenza stampa e risolvere la questione alla vecchia maniera. Per calmare le acque, era intervenuto Marc Marquez (Repsol Honda Team).
Zarco ha aspettato tanto, prima di vincere in top class. Ma qualcuno ha atteso anche di più. Come Jack Findlay: ha debuttato in 500 al Nurburgring nel 1958 e poi vinto nel 1971, all’Ulster GP. Nel frattempo erano passati 13 anni, 25 giorni e oltre novanta Gran Premi.
C’è poi il caso di Aleix Espargaro (Aprilia Racing): il debutto a Indianapolis nel 2009, il primo acuto in Argentina nel 2022. Alla sua partenza numero 200 in MotoGP™, dopo 12 anni e 216 giorni.
Zarco aveva fatto attendere anche per la sua prima e unica vittoria in 125, dove era arrivato come campione della Red Bull Rookies Cup. Prima di salire sul gradino più alto, nel 2011 a Motegi, aveva raccolto sei secondi posti. Anche in Moto2™ ha fatto il diesel. Ma quando ha raggiunto il regime giusto, non ce n’è stato più per nessuno. Ha esordito in MotoGP™ nel 2017, Gran Premio del Qatar. Ha vinto nella classe regina sei anni e 290 giorni dopo, in Australia.
Spero che all’aeroporto di Melbourne ci sia ancora lo stesso pianoforte del 2016. E che Zarco l’abbia usato per festeggiare nel suo stile. In fin dei conti, se l’è meritato.